Ufficiale e imminente l’addio tra Crodino e Crodo, la città natale da cui l’analcolico “biondo” prende il nome: capiamo la situazione e le ripercussioni su stabilimento e lavoratori.
Non tutti sanno che il Crodino è nato nella Val d’Ossola in Piemonte, nel 1964. Precisamente dobbiamo ringraziare un piccolo comune da cui il celeberrimo “analcolico biondo che fa impazzire il mondo” prende il nome, e dal quale ha recentemente tagliato il cordone ombelicale: lascia Crodo definitivamente, dopo che negli ultimi tempi period già stata messa in atto la maggior parte del trasferimento della produzione.
Crodo dirà addio al Crodino alla high quality dell’anno corrente, e la produzione sarà traferita a Novi Ligure: perlomeno rimarrà sempre di impronta piemontese. L’analcolico fa parte del gruppo Campari, già di proprietà danese da alcuni anni. Ma andiamo per punti.
Lo storico stabilimento a Crodo

Il padre del Crodino è Piero Ginocchi, imprenditore di origini parmensi e proprietario della Società Anonima Terme di Crodo dal 1933. Lo stabilimento imbottigliava acqua minerale dalle sorgenti della Valle Antigorio e alcune bibite sfruttando la stessa. Acqua che, da metà degli anni Sessanta, ha iniziato a tingersi di quel coloration aranciato acceso che ha fatto innamorare gli italiani e non solo. A mettere a punto la ricetta è stato l’enologo cuneese Maurizio Gozzellino, che usò arancia, garofano, vaniglia, assenzio e altri elementi la cui proporzione è segreta.
Nel 1995, Crodino è acquisito da Campari, che a sua volta period già passata di proprietà alla società olandese Bols Wessanen – con divisione italiana. Nel 2017, invece, passa tutto in mano alla società danese Royal Unibrew: anche lo stabilimento di Crodo period quindi di sua proprietà, totalmente, eccezion fatta per il marchio Crodino che continua a essere sotto il Campari Group e in parte prodotto nella città natale.
Il destino dello stabilimento a Crodo

A spiegare la situazione e le motivazioni di questo addio è Jan Ankersen, della Royal Unibrew: “il contratto con Campari per la produzione di Crodino a Crodo scade a high quality 2023 e non sarà rinnovato. I volumi che ci vengono affidati sono ormai da alcuni anni molto bassi, quindi non ci saranno ripercussioni sui livelli occupazionali. Al contrario prevediamo ripercussioni optimistic, considerato l’attuale livello di crescita dei nostri model e delle nostre quote di mercato“.
E cosa sarà, Crodo, senza Crodino? Nello stabilimento imbottiglieranno altri smooth ed power drink, sostiene Ankersen: “Royal Unibrew ha un importante piano di investimenti per lo stabilimento di Crodo. Ci concentreremo sui nostri marchi principali, LemonSoda e OranSoda, che rappresentano da anni il core della produzione dello stabilimento. Negli ultimi due anni abbiamo raggiunto il document di produzione e per fare fronte a questa crescita stiamo costruendo una nuova linea di lattine con l’obiettivo di raddoppiare la nostra capacità a partire dal 2025“.
L’addio tra Crodo e Crodino
Il sindaco di Crodo, Ermanno Savoia, si sbilancia con parole ottimiste: “ci spiace che l’accordo con Campari non sia possibile. Siamo comunque soddisfatti di sapere che il gruppo Royal Unibrew investirà sullo stabilimento, con optimistic ricadute anche sull’occupazione. Per quanto riguarda il Crodino, grazie anche alla festa istituita con delibera del consiglio comunale di Crodo, continueremo a valorizzare la storia di questa bevanda nata proprio in questa valle“.
Fonte: Ansa e Corriere Torino