Un isolotto realizzato con gli scarti delle cozze che, nell’oristanese, ora inizia a popolarsi. Il tutto grazie all’economia circolare applicata alla mitilicoltura. Punto di partenza di questo esperimento, lo stagno di Corru Mannu (sito Ramsar di Corru S’Ittiri, Stagni di San Giovanni e Marceddì) dove la fondazione no revenue Medsea con l’azienda Nieddittas (il model che gestisce l’intera filiera della mitilicoltura nel golfo di Oristano) hanno realizzato una vera e propria isola utilizzando i gusci delle cozze derivanti dalla lavorazione di Nieddittas e sistemati all’interno di 2mila sacchi di iuta.
Il risultato è una piccola isola lunga 20 metri, larga 7, alta due e affiorante per mezzo metro dal livello dell’acqua. I sacchi con i gusci di cozza sono stati sistemati manualmente grazie all’impiego di un natante, che ha permesso il trasporto dei materiali nel luogo di realizzazione, e il supporto in acqua di due sommozzatori che hanno coordinato le attività di posizionamento a circa 50 metri dalla terra ferma.
Nell’space dove sorgono gli stabilimenti di Nieddittas, a cui la Regione Sardegna ha affidato la tutela e salvaguardia del sito, l’isola artificiale gode di una posizione estremamente favorevole per la nidificazione, lo svernamento e la migrazione di importanti specie di uccelli acquatici e marini migratori. Lo spazio interno all’argine è stato ulteriormente riempito di scarti di gusci di cozze, stratificate e man mano compattate per rendere la superficie stabile e calpestabile. Lo strato superficiale dell’isolotto è costituito da uno strato misto di gusci frantumati, cozze e bisso per rendere la superficie accogliente per i futuri ospiti.
Inoltre, a seguito dei risultati del monitoraggio, verranno posizionate, se necessario, le sagome di uccelli che potranno attrarre altre specie sulla superficie per la nidificazione. L’innovazione introdotta da Nieddittas si differenzia da esperienze simili, già testate in Italia e in Sardegna, per il materiale che viene utilizzato, ovvero i gusci dei mitili derivanti dagli scarti di lavorazione.
«L’isolotto, proprio per la sua distanza dalla terraferma non consente l’accesso ai predatori terrestri e o randagi come gatti, ratti o cani – chiarisce Alessio Satta, presidente della fondazione Medsea – e potrà essere adattato e promosso in altre zone umide, attraverso l’uso di scarti privi di contaminanti, come i gusci di cozze senza la parte edibile per la costruzione di aree di nidificazione o di ripristino ambientale».