Risotto alla begonia, baccalà ai petali di rosa, cioccolato al nasturzio: c’è di che costruire un intero menu sui fiori eduli coltivati. Un filone gastronomico che piace sempre di più, come conferma il successo del Pageant della cucina con i fiori di Alassio, dove decine di chef e di allievi degli istituti alberghieri hanno esplorato l’uso dei fiori in cucina «non come semplice ornamento ma come veri e propri ingredienti da valorizzare nelle ricette» sottolinea il patron dell’evento, Claudio Porchia. Dietro questa tendenza gastronomica, che unisce il bello e il buono, c’è una nicchia produttiva che sta, letteralmente, “sbocciando”.

«La filiera dei fiori commestibili è ancora piccola ma promettente e riscuote un interesse crescente – spiega Barbara Ruffoni, ricercatrice del Crea e coordinatrice di Antea, un progetto italo-francese sui fiori commestibili –. A guardare a quest’opportunità sono da un lato le aziende di fiori ornamentali che, chiamate a diventare più sostenibili, si stanno avvicinando alla coltivazione biologica, presupposto indispensabile per la produzione di fiori eduli. Dall’altro lato ci sono le imprese che coltivano erbe aromatiche o microortaggi (come le insalate child leaf e i microgreen) per cui i fiori eduli rappresentano un’interessante diversificazione produttiva».

Appartiene al mondo agricolo il principale produttore europeo di fiori eduli, l’azienda veneta L’Insalata dell’Orto, che ne coltiva oltre 240mila piante di 10-12 varietà various e 40 colori, in 35mila metri quadrati di serre dedicate dove, nei periodi di punta, sono raccolti manualmente 100mila fiori freschi al giorno. «È un’avventura nata sette anni fa, portata avanti con caparbietà e passione perché i fiori sono difficili, richiedono un know-how specifico, tante attenzione e sono lavorati tutti a mano – afferma l’amministratore delegato Cinzia Busana – ma oggi ci stanno dando grandi soddisfazione e una forte distintività sul mercato». I fiori commestibili freschi, confezionati in vaschette in R-Pet e venduti con il model Mettiunfiore, finiscono nei mercati ortofrutticoli, in Gdo e nella ristorazione, ma si possono acquistare, freschi o disidratati (anche in miscele confezionate destinate a varie occasioni di consumo), anche tramite l’e-shop dedicato avviato dall’azienda nel 2022, che cresce a tassi del 15% e con ordini arrivati al valore medio di 50 euro.

Sempre l’anno scorso l’azienda agricola RaveraBio, che da 15 anni coltiva fiori eduli, ha lanciato Tastee.it, model dedicato ai prodotti alimentari realizzati, in modo artigianale, a partire dai suoi fiori coltivati advert Albenga. «Volevamo prolungare la vita commerciale dei nostri fiori eduli e per questo abbiamo pensato a una gamma di prodotti pronti, tutti vegani e senza glutine, che abbiamo messo a punto insieme advert alcuni chef e ai ricercatori del Crea di Sanremo e dell’Università di Genova nell’ambito del progetto Biofiori», spiega la titolare Silvia Parodi. Dopo la composta, il succo e il ketchup di begonia, la composta di violetta e il pesto fresco di nasturzio, da poche settimane è stato lanciato il preparato per gelato alla begonia, destinato alle gelaterie, a partire dal Perlecò di Alassio. Ma nel secondo semestre arriverà anche la versione per le gelatiere domestiche. «Ci aspettiamo una crescita molto importante nei prossimi anni, tanto che nella nostra azienda agricola abbiamo sostituito parte delle piante aromatiche con i fiori eduli, di cui stiamo sperimentando molte specie e di cui raddoppieremo la produzione», aggiunge Parodi.

Ma sullo sviluppo del settore gravano ancora degli ostacoli, tanto che i associate del progetto Biofiori sono pronti a inviare una lettera aperta al ministero per chiedere di chiarire in through definitiva i dubbi sull’aliquota Iva da applicare ai petali freschi (10% o 22%) e di far riconoscere i fiori eduli come prodotti agricoli.

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