Tutto è avvenuto nel pieno rispetto della legge e delle regole ma lo Zibibbo, sinonimo del Moscato di Alessandria, vitigno principe del Passito di Pantelleria rischia di restare solo nelle etichette delle bottiglie ma – di fatto – scomparire dall’Isola.
Uno state of affairs che è il prodotto di alcune modifiche dei disciplinari, rispettivamente della Doc Pantelleria e della Doc Sicilia, che tra il 2015 e il 2019 hanno previsto che i vini della Doc Sicilia possano indicare in etichetta la menzione “Zibibbo” anche se solo presente in minima parte e se non proveniente dalla Doc “Pantelleria” e contemporaneamente sulle bottiglie prodotte a Pantelleria si possa riportare facoltativamente anche “Sicilia”.
Ma soprattutto che il Moscato di Alessandria, ovvero lo Zibibbo fino a pochi anni fa coltivato in Sicilia prevalentemente o quasi esclusivamente a Pantelleria, potesse essere anche piantato altrove.
Il combinato disposto di queste misure ha prodotto una combinazione di risultati. I vigneti piantati a Zibibbo nelle provincie di Trapani (dove lo Zibibbo period già annoverato nel registro delle varietà di vite della Provincia perché story elenco è definito su base provinciale e non certo per ogni singola località) ma anche nelle provincie di Agrigento e di Siracusa nel giro di pochi anni sono passati da poche decine a quasi 3mila ettari.
«Mentre parallelamente sull’isola di Pantelleria – ha commentato il sindaco di Pantelleria, Vincenzo Campo – gli ettari a Moscato di Alessandria in poco meno di sessant’anni sono passati da 5mila a 429 mentre i viticoltori sono passati da 3.700 a 350. Siamo molto preoccupati perché le ultime modifiche normative rischiano di portare il colpo di grazia a una viticoltura totalmente manuale e che è già alle prese con l’avanzata età media dei viticoltori. Questa “sicilianizzazione” dello Zibibbo rischia di cancellare dopo millenni la viticoltura dalla nostra Isola con buona tempo dei riconoscimenti Unesco relativi ai muretti a secco e alla coltivazione della vite per il particolare “alberello basso”. Le nuove regole, infatti, promuovono la confusione non solo di termini e luoghi ma anche tra prodotti mettendo sullo stesso piano il vino passito e passito liquoroso prodotto a volte in serra e con forzature che riducono tempi e costi di produzione e il “passito naturale” realizzato secondo la tradizione millenaria e un ruolo chiave di sole e vento».
La vicenda sarà al centro di una tre giorni intitolata “Zibibbo è Pantelleria” nel corso della quale produttori ed esperti vitivinicoli si confronteranno sugli scenari attuali e futuri della viticoltura sull’isola denominata “Perla Nera” per l’unicità del terreno lavico, vulcanico, di selcepomice e ossidiana non riscontrabile in altri territori trapanesi.
Ma come è potuto accadere che i viticoltori panteschi approvassero, in seno al Consorzio della Doc Pantelleria norme che invece possono penalizzarli? «Il tutto è stato reso possibile – ha aggiunto il sindaco Campo – perché i viticoltori puri che vendono le uve alle due principali cantine imbottigliatrici (che rappresentano in media oltre il 70% del prodotto commercializzato) hanno delegato le stesse cantine alla assemblea dei soci consortili. Delega che le cantine hanno utilizzato poi secondo le proprie priorità».