L’osservatore attento si sarà certamente reso conto che da sei mesi a questa parte le bottiglie in plastica PET della Coca-Cola, Fanta, Sprite e altre bevande del noto marchio statunitense hanno perso trasparenza.Sono caratterizzate da una sfumatura che ricorda il cielo brillante ma plumbeo delle migliori giornate d’autunno. “Sono fatte con PET riciclato (rPET) e posso confermare che quello che dirigo qui a Gaglianico, vicino a Biella, è uno degli stabilimenti di produzione più avanzati al mondo”, assicura il direttore della struttura Stefano Lorenzon. Fra le corsie di un supermercato di solito delle bottiglie di plastica si colgono le differenze di forma, dimensione ed etichetta, ma non certo di materiale utilizzato per costruirle. L’unica certezza è che la plastica va nella plastica, a tremendous vita. Già, ma quella usata a Gaglianico è la protagonista di una storia di sostenibilità circolare emblematica.

Macchinario per la trasformazione del materiale riciclato da hot washed flakes a resina di PET

Macchinario per la trasformazione del materiale riciclato da scorching washed flakes a resina di PET 

“Noi compriamo tonnellate di scorching washed PET flakes, ovvero fiocchi di polietilene tereftalato lavato a caldo per impiego alimentare, da diversi fornitori fra cui Coripet. Il consorzio si occupa di raccogliere e riciclare solo bottiglie PET provenienti dai consorziati con compattatore, come catene di supermercati, centrali del latte, imbottigliatori, and so on. E in questo modo siamo certi di avere una materia prima di qualità”, spiega Lorenzon. A guardarli sembrano davvero fiocchi di platica sottile, e nel magazzino-capannone, che affianca le aree di lavorazione, sono stipati in grandi sacchi di tela da 700 kg. È davvero un viaggio regolato dalle regole della fisica e dalla chimica: ai blocchi di partenza scattano fiocchi, ma al fotofinish sono quasi-bottiglie. “Sì, noi in realtà realizziamo preforme che poi consegniamo agli stabilimenti di imbottigliamento e solo lì tramite una procedura specifica diventano bottiglie poi riempite con le bevande”, sottolinea ancora Lorenzon.

Le preforme controllate alla lente di ingrandimento

Le preforme controllate alla lente di ingrandimento 

Una preforma è un oggetto che non si può fare a meno di rigirarsi tra le mani nel tentativo di comprendere come possa diventare una bottiglia. Ricorda una provetta (o forse una vecchia valvola) di dimensioni generose con un bordo rigato per il tappo a vite. Ovviamente è di dimensioni e peso diversi in relazione al tipo di bottiglia che si vuole ottenere. La versione da 20,7 grammi è per le bottigliette da 450 ml, mentre il 28,8 grammi è per quella da un litro, e così through. “La trasformazione è quasi immediata. La preforma viene scaldata a 105°, meccanicamente allungata e poi soffiata a 40 bar per raggiungere la dimensione customary. Si passa da tre a un millimetro di spessore. L’ultimo passaggio è quello dell’immissione del liquido”. Persino la grammatura ha subito variazioni: alla tremendous degli anni ’90 una bottiglia da due litri pesava 56 grammi, oggi 44 grammi, circa il 30 per cento in meno.

Le analisi dei flakes per individuare eventuali contaminanti

Le analisi dei flakes per individuare eventuali contaminanti 

Coca-Cola HBC Italia ha cinque stabilimenti di imbottigliamento a Nogara, Oricola, Marcianise, Fondi del Vulture (Lilia e Sveva) e Roccaforte di Mondovì (Lurisia). Gaglianico è l’unico fornitore di preforme rPET e quest’anno le consegne raggiungeranno quota 750 milioni di unità. “La magia avviene lì, in quel reattore”, indica sorridendo il direttore dello stabilimento. “Ma prima ci sono diversi passaggi fondamentali. E davvero, questa è avanguardia. Nessuno nel mondo, quindi dentro e fuori al Gruppo, vanta un story impianto con dimensioni così compatte. In pratica collaboriamo all’affinamento del macchinario con un’azienda austriaca. Un orgoglio per me che ho iniziato qui più di 30 anni fa. E penso lo stesso per i cinquanta specialisti del workforce”. I fiocchi di PET vengono affidati alle treatment di un primo macchinario che tramite un laser ne rileva l’indice di fluorescenza a una velocità di 100mila unità al minuto. In questo modo è possibile rilevare impurità e scartare PVC oppure minuzie di altri materiali che in fase di fusione potrebbero generare nemici contaminanti. Dopodiché si procede con fasi di lavorazione che indirizzano il polimero nella direzione strutturale desiderata. “Iniziamo con la cristallizzazione e poi l’essiccazione, perché l’umidità è sempre un grande nemico del processo. Dobbiamo ottenere una viscosità adeguata sennò si rischia di ottenere un materiale che non trattiene la CO2 delle bevande”, puntualizza Lorenzon.

Le scaglie di PET riciclato non adatte al contatto con gli alimenti

Le scaglie di PET riciclato non adatte al contatto con gli alimenti 

Poi viene alzata la temperatura fino a 300°, che contribuisce allo “strippaggio” dei componenti nemici (una decontaminazione) e tramite un estrusore si ottiene una sorta di spaghetto plastico che viene immediatamente tagliato sott’acqua. “Procediamo poi a un’ulteriore cristallizzazione che trasforma il materiale da trasparente a opaco, ma questo fa emergere un componente aromatico che si chiama Acetalteide. Odora di frutta, non è pericoloso per i consumatori ma può alterare la percezione delle bevande e quindi riscaldiamo nuovamente per eliminarlo”. La materia solida finale è rPET in forma di pellet, pallini di pochi millimetri di diametro. “A quel punto ogni giorno a ciclo continuo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 i pellet vengono sciolti e si ottiene una resina che viene iniettata in uno stampo che realizza fino a 128 preforme alla volta”, conclude Lorenzon. L’intero progetto da 30 milioni di euro di investimento è arrivato a compimento meno di un anno fa, ma ci sono voluti anni di sviluppo e progettazione per consegnare la prima preforma completamente riciclata.

Il macchinario per la produzione delle preforme

Il macchinario per la produzione delle preforme 

Perché oltre ai macchinari, le certificazioni, gli customary imposti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), il rispetto delle norme, bisogna considerare la logistica e l’intera rete di imbottigliamento. Senza contare che in Italia quando si è iniziata a percepire la possibilità di rendere molto profittevole l’scorching washed PET flakes i prezzi sono balzati alle stelle. “Adesso siamo in fase di normalizzazione e infatti, per fare una proporzione, una tonnellata di plastica tradizionale costa intorno a 1000 – 1100 euro a tonnellata, mentre i flakes di PET recuperati circa 800 – 900 euro a tonnellata, un anno fa andavano inspiegabilmente a 1800 euro”, sottolinea Lorenzon. Lo stabilimento di Gaglianico è esso stesso un esempio di recupero poiché prima di questa svolta period in disuso. 18mila metri quadrati abbandonati per 8 anni e adesso punta di diamante del Gruppo capace di ridurre del 70 per cento le emissioni di CO2 rispetto alla produzione con PET vergine. Per di più tutto alimentato al 100 per cento con energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili.

 

Il macchinario per la selezione delle preforme

Il macchinario per la selezione delle preforme 

Ma che tremendous fanno le bottiglie in rPET? “Le ricicliamo, per farle tornare advert essere nuove bottiglie. Oggi nella fase iniziale di analisi dei flakes scartiamo circa il 5 – 6 per cento del materiale, ma anche quello non viene buttato. Semplicemente diventerà rPET per altri impieghi, magari nell’arredamento, cartoleria, chissà. C’è una nuova sensibilità nei confronti dell’ambiente. E noi trasformiamo gli scarti in qualcosa di prezioso”.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *